78. Santa Maria della Mansione

La contrada eredita il toponimo mansione dalla presenza di una antica stazione di posta (in latino mansio) con un hospitale per i viaggiatori e le stalle per i cavalli, insieme alle necessarie officine dei fabbri ferrai. In un documento redatto dal notaio palatino Oldoprando, datato 13 gennaio 1101, i coniugi di origine mantovana Ugo (o Ugone, un fabbro) e Alda donano questo ampio terreno fuori le mura cittadine al cavaliere templare Osberto. I monaci cavalieri Pauperes commilitones Christi templique Salomonis (Poveri compagni d’armi di Cristo e del tempio di Salomone) pongono qui la loro sede fino a quando papa Clemente V, con la bolla Vox in excelso del 3 aprile 1312, decreta la loro sospensione amministrativa, trasferendo tutti i beni ai cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme (futuri cavalieri di Malta) che si contendono per anni la proprietà della chiesa con il paratico (corporazione) dei fabbri. Sulla dispersa pala dell’altare maggiore di Antonio Gandino, tra Cinquecento e Seicento, è raffigurata la Madonna con Sant’Eligio (patrono dei fabbri) e San Giovanni Battista (patrono dei cavalieri). Distrutta dall’esplosione della polveriera il 18 agosto 1769, Santa Maria della mansione viene ricostruita nelle attuali dimensioni più contenute, lasciando spazio per la piazzetta antistante. Profanata dai giacobini e poi venduta a privati, viene destinata nel tempo a vari usi.

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