Perchè scegliere un prodotto monastico?

Il mercato globale, tanto più quello virtuale, è pieno di merce in vendita. A volte, tra le miriadi di prodotti, è difficile orientarsi, scegliere, discernere e confrontare offerte, produttori, ingredienti, proprietà, certificazioni, slogan pubblicitari… Perchè dunque scegliere proprio un prodotto fatto in un monastero? Le ragioni possono essere sia concrete e materiali che ideali e spirituali. Vediamo insieme alcune di esse.

Tradizione vuol dire fiducia. I monaci e le monache non sono gli ultimi arrivati nel produrre cose buone e che fanno bene. Da secoli ormai, si occupano e si preoccupano del benessere del prossimo: non solo della comunità di cui fanno parte, ma anche dell’ospite, del pellegrino, del bisognoso che bussa alla porta del monastero. Infatti la Regola di San Benedetto stabilisce che “Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come fossero Cristo stesso” (RB, capitolo LIII). Preparazioni erboristiche benefiche e ricette per nutrire sono da sempre custodite all’interno del chiostro, basti pensare alle antiche farmacie, agli erbari e alle intramontabili ricette di unguenti e liquori. I prodotti monastici si inseriscono in questo solco antico di tradizione, che ispira fiducia e che sa di vera attenzione verso l’ospite anche quando è cliente.

Prodotto per obbedienza e necessità. I monaci sono veramente tali, quando vivono del lavoro delle proprie mani come i nostri Padri e gli Apostoli” (RB, capitolo XLVIII). Il lavoro manuale è parte del celebre motto benedettino “Ora et labora = prega e lavora”. Non esiste solo lo spirito ma anche il corpo. Tanto più quando i monaci e le monache devono assolutamente lavorare per il mantenimento della comunità monastica. Un monaco, che ha fatto il voto di povertà e non pone quindi come obbiettivo immediato del suo lavoro una somma di denaro, pensando di collaborare alla sussistenza della propria famiglia monastica, lavora forse meglio e con più partecipazione d’animo, anche quando invasetta del miele o della marmellata.

Artigianalità e qualità. Si è sempre alla ricerca di una qualità superiore, di un qualcosa in più, che spesso viene evidenziato dal termine “lusso” e da un prezzo stratosferico. Per quanto riguarda quest’ultimo, già nella Regola (scritta nel 534 d.C.) San Benedetto stabilisce la vendita di artigianato del monastero con dei prezzi ragionevoli: “Però nei prezzi dei suddetti prodotti non deve mai insinuarsi l’avarizia” (RB, capitolo LVII), perchè un conto è il lucro, altro conto la sopravvivenza. Tanto più che sarebbe difficile commisurare il prezzo, secondo logiche di mercato, alla alta qualità dei prodotti monastici, produzioni spesso ancora manuali e in numero limitato.

Prodotto umano. Il prodotto monastico, pur rimanendo ancorato alla tradizione (enogastronomica, erboristica, artistica, trattandosi rispettivamente di cibo, cosmesi o artigianato) e alle sue modalità di fabbricazione, soddisfa anche le sensibilità moderne, quasi fosse un antesignano: tracciabilità della filiera, km zero, sostenibilità, rispetto del lavoro e della natura… Non è difficile dare un nome alla mano che zappa la terra e a quella che imbottiglia il vino nella cantina dell’abbazia, come pure alla mano che annaffia l’orto dei semplici e a quella che etichetta la tisana del frate… Non è forse questo il più dolce, rassicurante, concreto lusso?

Prodotto divino. Per chi ha una dimensione interiore e spirituale, le produzioni di questi luoghi particolari, intrisi di storia e di preghiera, hanno ancora un qualcosa in più che è difficile spiegare. I prodotti monastici hanno quel profumo del ricordo, sono buoni come lo era il sugo della mamma o il vino del nonno. Cose semplici ed eternamente belle. “Soul food = cibo dell’anima”, in tutti i sensi.

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