La prima versione del Cristo della Minerva

I Benedettini Silvestrini giunsero nel Monastero di San Vincenzo martire di Bassano Romano nel 1941.

Non sapevano che la piccola chiesa, diventata in seguito il Santuario del Santo Volto, custodiva una mirabile opera d’arte: la prima versione del Cristo della Minerva di Michelangelo.

 

 

Ecco un riassunto delle vicende.

La storia ebbe inizio quando Cencio (canonico di San Pietro in Vaticano), Scappucci, Castellano e Vari, commissionarono a Michelangelo un Cristo Risorto da collocare nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva (in Roma). L’artista lavorò alla statua con diligenza ma, quando una venatura nera comparve sul viso del Cristo, l’intera opera venne invalidata.

Michelangelo successivamente realizzò una seconda versione del Cristo. Accompagnò il lavoro l’allievo Urbano che portò a compimento l’opera in maniera così maldestra da allertare il maestro, il quale si offrì di scolpirne una terza versione. Il Vari non volle aspettare ulteriormente rischiando di non ottenere niente, accontentandosi dell’opera finita e chiedendo solo in dono la prima versione non finita.

L’opera, accolta “come suo grandissimo onore, come fosse d’oro”, venne sistemata nel suo giardino ma, in seguito, se ne persero completamente le tracce; vennero fatti vari tentativi di ritrovare l’opera, tutti senza successo.

Solo nel 2001 è stato riscoperto nel Monastero di San Vincenzo a Bassano Romano un Cristo Portacroce ritenuto opera seicentesca derivata da Michelangelo. In seguito ad una pulitura che ha riscoperto la famosa venatura nera sul volto, si è giunti alla conclusione che si trattasse della scultura perduta.

L’opera di Bassano Romano venne acquistata sul mercato d’arte da Metello Vari che, in cambio, donò un cavallo. Da allora il Cristo Portacroce restò a Roma, incompiuto, nel palazzo del Vari.

Nel 1607 la statua attirò l’attenzione del Marchese Giustiniani, mecenate e intenditore d’arte, che la volle per arricchire la sua galleria di statue antiche. Vincenzo Giustiniani fece apportare qualche modifica alla parte frontale del corpo e alle labbra che, secondo il suo gusto, dovevano essere semichiuse e non serrate come le aveva precedentemente scolpite Michelangelo.

Per secoli si è ritenuto che l’opera fosse stata completata da un anonimo scultore del Seicento, fino a quando un ricercatore d’arte tedesco ipotizzò che il Marchese Giustiniani avesse affidato la rifinitura della bozza al Bernini, allora stella nascente della scultura.

Per la prima volta nell’arte, la stessa opera porterebbe la firma di due geni assoluti: Michelangelo e Bernini.

Nel 1644, dopo il completamento dell’opera, il principe Andrea Giustiniani, successore del Marchese Vincenzo, trasferì il Cristo Portacroce nella chiesa-mausoleo di famiglia a Bassano Romano, dov’è visibile ancora oggi.

 

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